Sommario: 1. Il fedele laico: la definizione “negativa” del Codice di diritto canonico - 2. Il principio di uguaglianza e il malinteso tentativo di assimilare chierici e laici - 3. Il principio di varietà e il corretto inquadramento del ruolo dei laici - 4. La definizione “positiva” del laico: l’indole secolare - 5. L’impegno politico come campo privilegiato della vocazione dei laici - 6. La necessità della politica per il laico cristiano - 7. Quale politica per il cristiano? - 8. Un campo riservato ai laici e solo ad essi - 9. Le esortazioni della Chiesa per promuovere l’impegno politico dei laici - 10. Le sfide per un rinnovato impegno dei laici cristiani in politica.
Abstract
Il Codice di diritto canonico non fornisce una definizione di laico e non ne indica i caratteri “positivi”, limitandosi invece a contrapporlo per esclusione ai chierici e ai religiosi consacrati. In termini giuridici, si è cercato allora di individuarne i confini concettuali valorizzando gli elementi contenuti nei pochi canoni dedicati agli obblighi e diritti dei fedeli laici (cann. 224-231) e nello statuto giuridico di tutti i christifideles (cann. 208-223), che come tale riguarda anche i laici.
In questo senso, una lettura troppo enfatica del principio di uguaglianza di tutti i fedeli ha fatto ritenere ormai superata la distinzione tra chierici e laici. Evidentemente però una simile indebita assimilazione, oltre a essere fuorviante, non aiuta ad individuare il proprium della vocazione laicale.
Un’indicazione importante si può trovare in proposito nei documenti conciliari, in particolare nella Cost. Lumen gentium ove emerge con chiarezza che ciò che è proprio e caratterizzante dei laici è la “dimensione secolare” e la loro vocazione peculiare di “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali”.
Tra le realtà temporali che il laico è chiamato a santificare con la sua opera rientra a titolo specialissimo la politica. Non a caso uno specifico paragrafo dell’esortazione Christifideles laici di Giovanni Paolo II è dedicato proprio ai laici e al loro impegno come “destinatari e protagonisti della politica”. Animare cristianamente l’ordine temporale – che è il proprium esclusivo e caratterizzante dei laici – significa servire la persona e la società e la politica è il più alto servizio che il cittadino possa svolgere per la collettività e per gli altri.
Se l’esigenza dell’impegno dei laici nella società è sempre urgente, essa lo è ancor più per quanto riguarda l’attività in politica. “I fedeli laici - scrive Giovanni Paolo II - non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. Tutti e ciascuno hanno il diritto e dovere di partecipare alla politica”.
Si pone allora l’interrogativo di quale sia la politica per cui si deve impegnare il laico cristiano. Il Magistero della Chiesa risponde evidenziando come il fondamento dell’impegno politico risieda nello spirito di servizio e nella ricerca del bene comune, inteso come “bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”, oltre che nella necessaria coerenza e testimonianza di quei “valori non negoziabili” che non possono essere oggetto di compromessi politici.
E’ di grande importanza, soprattutto in una società pluralistica, che si abbia comunque una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa. La Chiesa infatti nella sua compagine ministeriale e istituzionale non si schiera direttamente nell’agone politico: sono invece i fedeli laici che, nell’esercizio della libertà e autonomia nelle proprie scelte, secondo coscienza cristiana, si impegnano direttamente e personalmente per il perseguimento del bene comune nelle decisioni che riguardano la collettività sociale in cui sono chiamati a vivere. Sta in questo la distinzione tra il carattere secolare, di cui partecipa anche la Chiesa che vive comunque nel mondo ed è aperta ai problemi e alle aspirazioni dei popoli, e l’indole secolare che compete ai soli laici per un impegno attivo diretto in politica.
Nella Chiesa quindi l’impegno politico è una vocazione propria dei laici. A riprova di questo, il Codice di diritto canonico concede la dovuta libertà in temporalibus ai laici (can. 227), mentre pone una serie di restrizioni per i chierici (cann. 278, 285 e 287), chiamati ad una vocazione diversa.
Benedetto XVI ha posto in varie occasioni il tema dell’impegno dei laici nella vita pubblica come questione urgente per la Chiesa. Il tema è stato trattato in particolare nel discorso ad Aparecida (maggio 2007), durante la visita pastorale a Cagliari (settembre 2008) e davanti alla plenaria del Pontificio consiglio per i laici, che ha poi dedicato i lavori della successiva assemblea del maggio 2010 al tema “Testimoni di Cristo nella comunità politica”. Ancora il Papa, a conclusione di questa assise, ha elencato le sfide per un rinnovato impegno dei laici in politica, che devono essere capaci di superare alcune tentazioni, quali il ricorso alla slealtà e alla menzogna, lo sperpero del denaro pubblico per il tornaconto di alcuni pochi e con intenti clientelari, l’uso di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo il potere.
La politica per i laici cristiani impegnati non può che essere partecipazione alla missione della Chiesa che, secundum propriam condicionem, si traduce in un servizio alla persona e alla società attraverso la responsabilità per la res publica.
Comunicazione al XV Convegno di diritto canonico della Pontificia Università della Santa Croce
Alessio Sarais
Dottorando in diritto canonico
Pontificia Università Lateranense
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